Cambio lavoro, cambio vita: da impiegata TIM a Speaker e Attrice

Innanzitutto il lavoro fa male. Tanto è vero che quando un medico visita un ammalato, come prima cosa gli dice: riposo assoluto”.
(Cit. Eduardo De Filippo in “A che servono questi quattrini”)

Il lavoro è uno strumento per guadagnare i soldi necessari per poter vivere e coltivare interessi o per realizzarsi come persone.
A scuola ci insegnano materie come matematica, storia o geografia, ma non ci insegnano a potenziare i nostri pregi e mitigare i nostri vizi.
Così come viene affrontato spesso nei libri (uno in particolare a cui sto dedicando attenzione ultimamente è “Adesso Basta” di Simone Perotti) viviamo all’interno di un sistema che difficilmente potrà cambiare, e con cui occorre imparare a convivere sfruttando al meglio le nostre capacità, rimettendosi in gioco, creando il nostro spazio nel sistema.

Non è utopia. Tante persone hanno già compiuto questo passo, e io voglio raccontarvi le loro storie.

Francesca Zucchero “da dipendente Telecom Italia a Speaker ed Attrice Professionista”

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Francesca è una ragazza di Bologna che ha deciso di rimettersi in gioco a seguito di una importante riflessione sulla propria vita e su ciò che fino al momento del cambiamento aveva realizzato e avrebbe voluto realizzare.

Quando hai deciso di cambiare vita?
Nel mio caso la decisione non è arrivata con razionalità o come obiettivo che mi ero prefissata. E’ arrivata lentamente, poco dopo i 30 anni, in pratica è stato l’evolversi della vita che mi ha proposto questo cambiamento.

Cosa ti ha spinto a prendere questa decisione?
Un profondo malessere che, appunto poco dopo i 30 anni, aveva iniziato a insinuarsi dentro di me, diagnosticato poi come vera e propria depressione da curare. Tante erano le dimensioni che non mi facevano stare bene: il rapporto con la mia famiglia d’origine, traumi psicologici profondi che ho dovuto guardare in faccia e ammettere che erano accaduti, un lavoro che si era trasformato nel corso degli anni e che mi stava deprimendo sempre più perché era stato impoverito e non mi permetteva più di utilizzare il cervello, non era più stimolante. Con l’aiuto di medici validi, psicologi e psichiatri, ho capito che dovevo cambiare alcune cose e cominciare a costruire la mia vita in modo diverso.

Cosa ti mancava e cosa stavi cercando?
All’epoca non capivo cosa mi mancasse realmente, solo dopo ho scoperto che mi mancava di capire cosa volevo veramente, e quando ho capito che volevo innanzitutto essere me stessa piano piano le cose hanno iniziato a sbloccarsi.
In seguito, andando avanti in questo cammino, ho capito che mi mancavano leggerezza e senso dell’umorismo e la vita me li ha regalati in abbondanza, facendomi incontrare intorno ai 40 anni una persona speciale.

Come ti sei preparata al grande passo di lasciare il lavoro?
Innanzitutto ho cercato di capire quale potesse essere una alternativa praticabile e contemporaneamente mi è arrivata LA proposta di lavoro che avevo sempre desiderato ma che non si era mai potuta concretizzare. E’ buffo pensare che nel momento in cui ho cominciato a concepire l’idea di lasciare il posto di lavoro che mi deprimeva si è concretizzata una possibilità di lavoro nel posto che desideravo di più: una coincidenza che fa riflettere.

Cosa hai provato il giorno che hai rassegnato le dimissioni?
Un enorme senso di libertà e di gratitudine. Una prigione finiva. Ma non mi rendevo conto che le conseguenze sarebbero poi state difficili da affrontare.

Come hanno reagito amici e conoscenti al tuo licenziamento?
I familiari piuttosto delusi perché volevano che io facessi carriera in Telecom e molto preoccupati perché lasciavo un lavoro a tempo indeterminato, in un periodo, il 2004, e a un’età, la mia 35 anni, difficili, e in più con solo una esperienza di lavoro alle spalle, quindi non abituata a gettarmi nel mercato del lavoro. Non sapevo se avrei mai più avuto la sicurezza di uno stipendio fisso tutti i mesi, cosa che infatti ho avuto soltanto in modo precario. Ma loro non capivano che io stavo morendo dentro di me e che quella decisione era obbligatoria. Ancora oggi mia madre mi rimprovera quella scelta, considerando la mia situazione economica e finanziaria assai difficile; ancora di più mi rimprovera di non aver mai voluto fare un concorso per entrare nello Stato, unico posto di lavoro sicuro secondo lei.
Gli amici mi hanno coccolato e sostenuto, hanno festeggiato con me e se possibile aiutato a trovare nuovi lavori.

Cosa è successo da lì in poi?
All’euforia del nuovo posto di lavoro nel settore che più amavo, il Commercio Equo e Solidale, si è succeduto il disincanto del constatare che il mobbing era anche nell’isola felice, che felice non poteva più essere. Ho iniziato quindi a peregrinare tra diversi lavori fino a quando ho trovato un datore di lavoro meraviglioso che aveva capito cosa poteva essere veramente liberatorio per me e mi ha aiutato a frequentare un corso di doppiaggio: secondo lui dovevo lavorare con l’espressività vocale. Finito il corso e terminato un altro ennesimo lavoro precario e pagato poco, ho deciso di tentare di lavorare con la voce. Ma Bologna non poteva essere un luogo che mi aiutasse in tal senso, e così ho deciso di trasferirmi a Milano, dove c’erano molti più studi di registrazione.
Oggi ho aperto partita iva e ho acquistato una cabina di registrazione che mi permette di lavorare da casa come speaker/voice over. E’ dura, perché i freelance in Italia hanno vita durissima, non hanno un albo che tuteli le loro tariffe e il mercato ammazza le tariffe, versano il 42% di ciò che fatturano allo Stato per Inps e le imposte, non hanno ferie pagate né malattia pagate: in sostanza se non si lavora non si guadagna. Ma faccio un lavoro che adoro e nella libertà del lavoro autonomo. Se fosse possibile non vorrei più tornare indietro al lavoro dipendente. Non sarei più capace di stare alle dipendenze di qualcuno.

Francesca ha cambiato lavoro e cambiato città. Insomma, ha cambiato vita; ed è la dimostrazione che con tanta buona volontà e audacia si possono inseguire i propri sogni. E Francesca non ha ancora smesso di inseguire i propri sogni, che ha visto concretizzare anche con il film VISTA MARE”.

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